Il cibo di valore deve essere sostenibile per la terra e per la produzione, deve essere accessibile per tutti e deve avere la storia di come e del perché è stato fatto, una storia che il produttore dovrebbe condividere con l’acquirente, affinché ne conosca il percorso. Questo è quanto ha affermato Andrea Pitton, il protagonista della nuova puntata del podcast Cibo di Valore: Ascoltalo qui.
Andrea è proprietario dell’azienda agricola biologica di Rivegnano in provincia di Udine, dove ha scelto di produrre alimenti e semenze biologiche perché sostiene che i trattamenti convenzionali spesso non danno i risultati promulgati.
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Chiediamo informazioni sugli alimenti che acquistiamo?
Chiediamoci da dove viene il cibo e come sia stato prodotto. E’ uno dei consigli che ci condivide Andrea da tener presente per la spesa:
- è importante cercare cosa viene prodotto nelle vicinanze dove viviamo e, ove possibile, avere un proprio orto o farsi aiutarne ad averne uno;
- i prodotti dovrebbero essere biologici ed arrivare nelle nostre case in giornata o al massimo entro due giorni: per questo è rilevante anche la vicinanza.
Rieduchiamoci ai sapori
I sapori degli alimenti sono importanti per la nostra salute, molti li abbiamo persi. Gli alimenti con poco sapore sono più neutrali e piacciono ad un numero maggiore di persone. Ritroviamo, per esempio, il sapore veramente amaro del radicchio.
Imparando a cucinare, educhiamoci a trasformare i prodotti. Oggi cuciniamo troppo poco, soprattutto gli ortaggi.
Produzione biologica e suolo
Andrea Pitton ha scelto di produrre alimenti e semenze biologiche, perché sostiene che i trattamenti convenzionali spesso non danno i risultati promulgati. Nella sua azienda biologica non fa uso di concimi o pesticidi chimici, la terra viene lavorata con attrezzature meno impattanti sul suolo che non viene mai rivoltato.
Contro l’erosione, vengono seminati erbai, e la massa organica viene mantenuta in superficie, vengono periodicamente lasciate incolte alcune zone affinché l’equilibrio delle coltivazioni non renda necessari i trattamenti impattanti sul terreno, che abbia invece la possibilità e il tempo di predisporsi secondo i suoi criteri: in superficie i batteri che amano l’aria, in profondità quelli che non la amano.
Rovesciare la terra sovverte questo equilibrio, che poi richiede tempo per ripristinarsi. Anche quando mette a dimora la piantine, Andrea usa macchine che non smuovono il terreno oltre i 20 cm di profondità, e non lascia mai “vuoto” il terreno, non lo lascia mai privi di piante. Afferma che gli unici luoghi del nostro pianeta senza vegetazione sono i deserti: il nulla è un sintomo grave della salute del terreno.
Cerchiamo di avere il suolo coperto affinché in estate chi vive nel terreno non muoia, mentre in inverno lo proteggiamo dal freddo e dall’erosione provocata dalla piogge: la terra se ne va, se non l’amiamo!
I cambiamenti climatici impongono un cambiamento anche nei processi di coltivazione
Occorre intervenire anche sui semi, sebbene nel corso di anni si adattano alle condizioni dei luoghi dove sono nati. Pertanto è necessario produrli nei loro luoghi di origine e di coltivazione futura, perché servono anni per produrre semi adatti ai cambiamenti climatici.
La produzione transgenica non risolve, perché richiede un impegno maggiore di pesticidi, motivo per cui è fondamentale lavorare sui semi, molti dei quali già irrimediabilmente ibridati.
Sempre a causa dei cambiamenti climatici, le aziende hanno bisogno di microclimi con temperature di un grado e mezzo inferiori a quelle attuali, cosa che si ottiene piantando alberi che fermano il vento e abbassano le temperature.
Ciascuno di noi dovrebbe ragionare di più sui propri bisogni reali
Andrea ci condivide nel podcast che la terra non ci regala di più del nostro bisogno: dobbiamo accontentarci e spiegarlo al consumatore, abituato ad acquistare ciò che vuole. Ma se è la terra a produrre quello che vuole, siamo noi a doverci adattare a lei e non il contrario.